Poemetti mitologici babilonesi e assiri

Poemetti mitologici babilonesi e assiri

Autore: Giuseppe Furlani

Dati: 2013, 93 p.

Casa Editrice: Edizioni Ghibli

Trattazione: Mitologia e Letteratura babilonese e assira

 

RECENSIONE:

Questo libro di Giuseppe Furlani del 1966 edito da Sansoni e riproposto da Edizioni Ghibli nel 2013 mantiene, al di là degli anni passati, una valenza interessante sotto vari punti di vista.

Diciamo subito che si tratta di una raccolta di alcuni testi mesopotamici di ambito accadico di dimensioni relativamente contenute (il titolo è in tal senso ben esplicativo) che sostanzialmente ritroviamo editi e commentati da altri studiosi negli anni successivi (ad. es. Pettinato, Bottero), ma che non sempre sono di facile reperibilità, come è il caso de Il mito di Adapa, Il Mito di Etana, Il poema di Çaltum e Agushaya, L’esaltazione di Ishtâr o il Mito di Zû e Lugalbanda tra gli altri. Il costo contenuto e la possibilità di accedere facilmente a questi testi ne determina già di per sé il diritto ad essere ben tenuto di conto. A questo va sicuramente ascritto anche il fatto che i commenti, seppur relativamente concisi e posti complessivamente a parte in fondo al testo (cosa che personalmente trovo sempre scomoda durante la lettura), sono comunque interessanti ed esplicativi sia di sfumature filologiche sia di contestualizzazione mitologica e letteraria generale.

Piuttosto interessante ho trovato il confronto di alcuni testi con traduzioni di altri studiosi più recenti, ad esempio Il poema di Çaltum e Agushaya che si può leggere anche in Uomini e dei della Mesopotamia (Bottero e Kramer): dal confronto emergono differenze di vario tipo, a volte che paiono semplicemente di scelta di vocaboli pur mantenendo il medesimo significato sostanziale, altre volte tale scelta si avvicina ma esprime sfumature differenti nel significato e nell’interpretazione più profonda o generale di un dato episodio, e in altre situazioni ci troviamo invece ad interpretazioni effettivamente diverse di traduzione. Non avendo la competenza per giudicare tali questioni di analisi testuale, rimane da una parte il dubbio che possa esserci stato negli anni un progresso nella conoscenza delle lingue accadiche e di conseguenza un affinamento di traduzioni più datate (ne è un ottimo esempio il termine Zû - v. Il Mito di Zû e Lugalbanda - che a lungo è stato oggetto di un malinteso da parte degli assiriologi che così lo traducevano in luogo di Anzû) , dall’altra l’impressione che giochi spesso in questi casi la personale predilezione dello studioso che, di conseguenza, può determinare anche notevolmente il significato profondo di un testo. In questo tipo di discorso assume rilevanza la scelta di tradurre alla lettera o prendersi la libertà di adeguare termini ed espressioni al nostro linguaggio per rendere il testo antico più fruibile dal lettore non specializzato; a mia impressione quella del Furlani appartiene al primo, ma è solo un’impressione appunto, e che parlando in generale reputo sempre la preferibile tra le due. Rimane questo un discorso valevole in generale al di là del libro in questione, ovviamente.

Ecco qui di seguito i “poemetti” proposti dal Furlani:

  1. Il Mito di Etana

  2. Il Mito di Adapa

  3. Nêrgal ed Ereshkigal

  4. L’esaltazione di Ishtâr

  5. Il poema di Çaltum e Agushaya

  6. Ea e Atarkhasîs

  7. Il Mito di Zû e Lugalbanda

  8. Miti sulla creazione:

  • La creazione da parte degli dei dei

  • La creazione di due piccoli esseri

  • La creazione della luna e del sole

  • La creazione da parte di Ea

  • La Cosmogonia nella “Leggenda del Verme”

  • Il fiume costruttore di tutto

  • La creazione da parte di Marduk